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Ambrogio Spreafico, vescovo di Frosinone, ha appena pubblicato un volumetto (“Il capolavoro imperfetto. Il creato tra meraviglia e problema”, Edizioni Dehoniane) che aiuta i credenti, ma non solo loro, a riflettere sulla responsabilità di tutti nei riguardi della creazione, opera di Dio affidata all’uomo.
Di qui il termine ‘imperfetto’. Che non ha un significato negativo, ma evocativo, di un divenire in avanti, di un progetto che è stato iniziato ma dev’essere ancora compiuto. Dio, con la creazione, inizia a realizzare qualcosa che non porterà a compimento se non con noi; con la creazione, avvia una “risposta eterna alle domande profonde che sono in ognuno di noi”.
L’imperfezione della creazione “riguarda sia l’essere umano, sia l'universo nel suo insieme”. L’intervento umano in questo miracolo che trasforma in realtà quel che prima non c’era, è visto come collaborazione al crescere ed al dilatarsi di quello stesso miracolo, per la sua conservazione e miglioramento: “L’uomo condivide fin dall’inizio la responsabilità di una creazione in fieri, in evoluzione”.
Il libro si muove, com’è evidente, all’interno del ripensamento che la Chiesa sta elaborando su impulso di papa Francesco e della sua enciclica “Laudato Si’” a proposito della custodia del creato, e sposa bene la rinnovata consapevolezza che attraversa il pianeta sui temi ambientali.
Mons. Spreafico parte da alcuni passi della Bibbia che rivelano la scelta di Dio di porre fine al caos primordiale e creare una sinfonia di elementi diversi. Il credente è chiamato a riconoscere questo sapiente capolavoro, perché non si ritorni al disordine originario. Il cosmo interroga l’uomo, ma soprattutto ne sollecita la responsabilità. L’essere umano può essere all’origine di uno squilibrio planetario, se sceglie il male, come attesta il racconto del diluvio, dove la violenza umana provoca il ritorno al caos primitivo, oppure può essere fermento di pienezza.
La visione biblica è portatrice di una sapienza che aiuta a schierarsi a favore del creato, in un tempo in cui si attenta “alla conservazione di quell’ordine cosmico generativo di esistenza”. Ci sentiamo troppo padroni e ci permettiamo di continuare a sfruttare le risorse in modo indiscriminato.
Eppure il sogno di Dio per l’uomo è collocarlo in un giardino. È l’Eden, occasione di “coltivare e custodire” che non viene colta dall’uomo, come sappiamo dal racconto sacro, ma anche dall’esperienza dei nostri giorni.
Ci sarà un giardino dove tutto si ricompone? È bello il collegamento che Spreafico fa con un altro giardino, quello della Pasqua, dell’incontro di Gesù risorto con la Maddalena. “Lì si svela il mistero di un Dio che si fa riconoscere come il vivente perché quel giardino che ha visto la violenza e la morte sia definitivamente luogo di vita, d’incontro e di alleanza”. È il giardino della riconciliazione, simboleggiata anche nell’Apocalisse, nella descrizione della città santa che scende dal cielo. Il tutto ha un significato profondo: “Il cambiamento della storia è possibile e non solo Dio, ma anche l’uomo, può essere il protagonista del cambiamento”.
Il libro si conclude con una breve analisi dell’enciclica “Laudato si’” come un messaggio per il nostro tempo, come un invito a partecipare alla salvaguardia e al perfezionamento della creazione scegliendo di restituire qualcosa di ciò che si è ricevuto “senza lasciarsi dominare dalla dittatura del materialismo ed a un mercato senza regole che finisce per danneggiare il creato rendendolo una pattumiera”.