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Si lascia un mondo corrotto e senza diritti, si cerca un altrove. Si tratta di un’impresa pionieristica, un’avventura come si è detto, una specie di ’68 africano. Quello africano è da sempre uno scenario migratorio a due facce: si tratta del continente più «mobile» del mondo, con numerosi paesi di emigrazione e altrettanti di immigrazione. A ciò si aggiunge la presenza, intermittente, di un alto numero di sfollati e rifugiati dovuti alle crisi politiche ma soprattutto alle condizioni ambientali di alcune aree.

In Africa la gente si sposta da sempre, tanto più oggi che l’ambito urbano fa da grande richiamo per le opportunità che offre. Lontano dai riflettori dei media e dalle statistiche ufficiali, milioni di africani si muovono in maniera silenziosa e continua, solitamente verso i paesi limitrofi. Studiare questi flussi è utile per comprendere cosa potrà accadere.

Contrariamente a ciò che si pensa, l’Africa occidentale e saheliana, ad esempio, è sempre stata una «terra in movimento» e non immobile: spazio di spostamenti e trasferimenti legati ai commerci con la costa mediterranea, indotti dai pellegrinaggi verso la Mecca, dalla transumanza delle mandrie, dai fenomeni ambientali e dalle guerre locali.


Continua a leggere l'estratto dal volume "Global Africa" di Mario Giro su Avvenire